Ipocondria: gestire la paura delle malattie con la psicoterapia


A tutti, almeno una volta, è capitato di pensare di avere una malattia o sintomi che il dottore non è stato in grado di riconoscere. Entro certi limiti, temere per la propria salute è normale e protettivo perché ci spinge alla prevenzione. Tuttavia, alcune persone finiscono per preoccuparsene eccessivamente. È importante, quindi, capire quando la preoccupazione diventa disfunzionale.

Quando si interpretano in modo erroneo segnali fisici, come se fossero l’evidenza di una grave patologia, senza giustificazione medica, si parla di ipocondria o paura delle malattie. L’ipocondria è definita dal DSM-5, il manuale per i disturbi mentali, come “La preoccupazione legata alla paura oppure alla convinzione di avere una malattia grave basata sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto”. Tale preoccupazione persiste, nonostante l’appropriata valutazione e la successiva rassicurazione medica.

Gli ipocondriaci prestano particolare attenzione ad ogni cambiamento del proprio corpo e sono alla costante ricerca di segni che indicano la presenza di una malattia. Inoltre, nonostante gli esiti favorevoli agli innumerevoli test medici a cui si sottopongono, la preoccupazione non si riduce mai. Al contrario, spesso è presente la convinzione che i medici non siano stati in grado di capire la vera natura del problema e, quindi, di fornirne una cura adeguata.

Come si lavora sull’ipocondria?

La forma di psicoterapia che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace è quella Cognitivo-Comportamentale. Questa terapia è incentrata sulla ristrutturazione cognitiva. Si basa, infatti, sulla modificazione della cognizione distorta di realtà che fa pensare all’ipocondriaco di avere una malattia grave per ogni sensazione somatica percepita. Il terapeuta lavora, poi, con il paziente per l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di questo circolo vizioso.

La terapia si articola principalmente in due fasi:

  1. Nella prima, il paziente lavora insieme al terapeuta sul comprendere il legame esistente tra piano cognitivo (pensieri) e comportamentale. Una tecnica utile è il modello ABC, grazie al quale il terapeuta aiuta il paziente ad identificare le credenze irrazionali o le distorsioni cognitive, e lo supporta nel svilupparne di più funzionali.
  2. Nella seconda parte, l’esposizione, vengono illustrate ed insegnate strategie comportamentali che aiutano il paziente a confrontarsi gradualmente con la situazione che attiva l’ansia, fino a farle perdere la sfumatura paurosa che spinge il soggetto ad evitarla.

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