Coming out: come uscire dallo “stanzino”, magari con l’aiuto del tuo terapeuta


Il coming out, ossia l’uscire dallo “stanzino” in cui le persone si sentono figurativamente rinchiuse e costrette a celare il proprio orientamento sessuale per paura di essere discriminate, non consiste in una semplice comunicazione dei propri gusti sessuali.

Per le persone LGBTQIA+, infatti, il coming out è un processo che coinvolge più aspetti. Da una parte, lo sviluppo di consapevolezza e di accettazione dell’essere attratti da persone dello stesso sesso, o di entrambi i sessi, dall’altra un’apertura pubblica attraverso cui si dichiara la propria identità sessuale a un’altra persona. Inizialmente è, infatti, necessario che la persona LGBTQIA+ “esca allo scoperto”, prima con sé stessa nella sua intimità, superando il dolore che, talvolta, tale consapevolezza comporta. Solo in seguito avverrà nelle relazioni con gli altri, amicali, lavorative, familiari.

In questa prima fase di scoperta e di formazione identitaria omo/bisessuale è importante presentare uno dei modelli più noti di sviluppo dell’identità sessuale, l’Homosexual Identity Model (Vivienne Cass, 1979). Questo modello identifica diversi stadi di formazione dell’identità sessuale.

  1. Confusione: “Sono gay? Sono lesbica? Sono bisessuale?”. La persona inizia a mettere in discussione la sua identità eterosessuale (appresa a livello sociale). Questo avviene perchè nei propri pensieri, sentimenti, atteggiamenti e comportamenti si trova a leggere una certa diversità.
  2. Confronto: “Sono davvero gay, lesbica o bisessuale?”. Il processo alla base è il confronto fra identità personale adottata sino a quel momento e la nuova identità omosessuale esplorata anche se marginalmente. In questo stadio si possono riattivare l’insieme di credenze relativa all’essere gay/lesbica/bisessuale (es. l’omosessualità si può curare, i gay sono pedofili, le lesbiche sono aggressive).
  3. Tolleranza: “Io sono probabilmente gay, lesbica o bisessuale”. La persona inizia ad accettare la probabilità di essere omo/bisessuale e di potersi iniziare a pensare come LGBTQIA+. Tale apertura, anche se minima, premette alla persona di accostarsi a nuove relazioni e socializzazioni nella comunità arcobaleno.
  4. Accettazione: “Accetto di essere gay, lesbica o bisessuale”. La persona inizia a sperimentare in maniera positiva la propria appartenenza alla comunità LGBTQIA+. Si troverà a percepire il conflitto esistente fra i suoi vissuti di omosessuale e i messaggi omofobici che riceve dalla società.
  5. Orgoglio: “Sono orgoglioso/a di essere gay, lesbica o bisessuale”. Le interazioni con il “mondo eterosessuale” si riducono ancora un po’, mentre aumentano le occasioni di integrazione e identificazione come persona LGBTQIA+.
  6. Interiorizzazione: “Io sono una persona gay/lesbica/bisessuale”. Scompare la dicotomia: comunità LGBTQIA+ buona e “mondo eterosessuale” cattivo, riducendo la partecipazione esclusiva all’ambiente omosessuale.

In questo processo, delicato e talvolta doloroso, il tuo terapeuta, così come un sessuologo, può essere una guida e uno “strumento” che puoi “usare” per comprendere meglio quello che stai vivendo, affrontando più facilmente questi diversi stadi di scoperta di te stesso come individuo omo/bisessuale.


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