Ritrovarsi nella perdita: dare un significato al lutto perinatale


La capacità di dare senso al mondo, condividere con gli altri, costruire significati condivisi è un’abilità tipica dell’uomo. A volte, però, questa ricerca appare difficile e dolorosa. Un evento al quale spesso è difficile dare un senso, considerando l’intensità degli stati emotivi e dei pensieri che possono accompagnarlo, è sicuramente il lutto e, in particolare, il lutto perinatale.

Cos’è il lutto perinatale?

Il lutto perinatale è definibile come la perdita di un figlio, per aborto spontaneo, interruzione terapeutica della gravidanza o morte in utero, nel periodo che va dalla 27° settimana ai 7 giorni dopo il parto. Viene interpretato come un “non-evento” e per questo, talvolta, viene poco riconosciuto. Questo lutto comporta la perdita di una persona già interiorizzata come parte della propria vita futura. Questo implica la presenza di aspettative, emozioni e pensieri su noi stessi e sulla nascita, non realizzati. Il processo di elaborazione e l’attribuzione di senso e significato a quanto avvenuto spesso risulta estremamente doloroso.

Le diverse fasi del processo di elaborazione sono comuni a tutti. Quello che varia è la durata temporale e l’intensità, a seconda delle modalità e delle risorse che ogni singolo individuo e coppia ha a disposizione.

Le fasi del lutto sono:

  • Fase di shock. Al momento della comunicazione della perdita, la mente crea un “distacco”, una barriera difensiva. Spesso questa fase implica la negazione della perdita, in quanto troppo dolorosa da accettare. In questo momento, ci si può sentire agitati, disorientati, distaccati dalla realtà.
  • Fase di protesta. In questa fase le emozioni principali sono rabbia, senso di colpa e di ingiustizia. Di norma, l’intensità è direttamente proporzionale alla sensazione di impotenza e di non aver avuto possibilità di scelta.
  • Fase di disorganizzazione. In questa fase la rabbia lascia posto a solitudine e tristezza. La persona può chiudersi maggiormente in sé stessa e trovarsi ad evitare qualsiasi argomento che possa far riemergere pensieri ed emozioni sull’evento.
  • Fase di Riorganizzazione e Accettazione. Questa fase corrisponde al completamento e alla risoluzione del processo di elaborazione del lutto. Anche grazie al supporto degli altri (famigliari, amici, operatori di cura, psicologi), la persona inizia a prendere consapevolezza del lutto, ad accettarlo, a dargli un senso. Impara, così, a conviverci.

A volte, questo processo può arrestarsi, generando un disturbo da lutto complicato. In questo lutto è presente un’importante compromissione nel funzionamento per almeno 12 mesi. In questo periodo si manifestano per la maggior parte del tempo: sintomi da sofferenza reattiva alla morte, quali una profonda e pervasiva nostalgia, rabbia, tristezza, valutazione negativa di sé, eccessivo evitamento dei ricordi della perdita e non accettazione della stessa. Inoltre, sintomi di confusione sulla propria identità e sulla socialità come la sensazione di essere soli, distaccati dalla realtà, di non avere uno scopo e un ruolo nella società. Talvolta può essere presente un desiderio di morire.

È importante sottolineare, però, come il processo di elaborazione del lutto possa durare anche 2 o 3 anni. Diventa, quindi, fuorviante differenziare un decorso normale e fisiologico, da uno complicato, basandosi sul mero criterio temporale.

Cosa può favorire una risoluzione funzionale?

Esistono alcuni elementi che favoriscono una risoluzione positiva del processo: avere una rete sociale (partner, familiari, amici) capaci di affrontare in modo efficace il lutto, fornendo un supporto funzionale, avere valori di vita stabili, un’ideologia politica, culturale, religiosa, percepirsi come in grado di fronteggiare questa perdita.

Inoltre, può essere determinante la scelta di affidarsi ad uno psicoterapeuta, il quale non potrà eliminare la sofferenza, ma potrà aiutare ad attribuire un nuovo senso e significato a pensieri ed emozioni negative che ostacolano l’elaborazione del lutto. Esistono tecniche specifiche, come l’EMDR, che supportano questo processo.

Il percorso di psicoterapia favorirà la rielaborazione e l’accettazione di una realtà dove quel bambino, così pensato ed atteso, non c’è. Grazie al conforto e la gestione del dolore, il terapeuta aiuta il paziente ad adattarsi ad una realtà nuova, con nuovi ruoli sociali e un nuovo senso di sé, in cui si dà spazio alla tristezza per la perdita, ma si riesce a proseguire con la propria vita.

Elaborare un lutto non vuol dire dimenticare! Significa dare un giusto posto all’amore provato (e alla tristezza per la perdita) per una persona che continuerà a vivere nei nostri ricordi e nelle nostre emozioni.


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