Quando la nascita di un bambino non è (solo) un momento felice: il Baby Blues e la Depressione Post-Partum


Culturalmente, la nascita di un bambino rappresenta un momento felice nella vita di una persona e di una coppia. Spesso, infatti, è la società stessa che ci proietta all’interno di questa idea… può, però, non essere sempre e necessariamente così.

La gravidanza, il parto e i primi mesi post-partum possono essere momenti tanto felici e sereni, quanto delicati, faticosi e, talvolta, dolorosi. La vita si riorganizza e le emozioni possono essere amplificate.

È tempo di normalizzare anche questo. L’arrivo di un bambino non è sempre e solo idilliaco!

Magari hai già sentito parlare della “Depressione Post-Partum”. La Depressione Post-Partum (DPP) definisce una sintomatologia che comprende quadri clinici ed emotivi differenti tra di loro per caratteristiche, gravità e durata.

Questo tipo di depressione può presentarsi in diverse forme. Da disturbi lievi (come il Baby Blues), a disturbi di media gravità (che costituiscono la Depressione Puerperale), fino ad arrivare a disturbi gravi (come la Psicosi Post-Partum).

La Depressione Post-Partum è definita come un “episodio di depressione maggiore”. Talvolta, però, può includere anche un episodio “minore” con insorgenza nei primi mesi dopo il parto. È caratterizzata da umore disforico, perdita di interesse nelle attività (inclusa la cura del bambino), difficoltà di concentrazione, agitazione psicomotoria, mancanza di energie, alterazione del sonno, sentimenti di inadeguatezza e di colpa, bassa autostima.

La forma più lieve è chiamata “Baby Blues” (o Maternity Blues). Il Baby Blues, invece, è uno stato diffuso e transitorio, caratterizzato da una intensa disregolazione emotiva. Si presenta comunemente entro la prima settimana dopo il parto e tende a scomparire dopo pochi giorni. È caratterizzato da labilità emotiva, con una particolare tendenza al pianto, ansia, tristezza, difficoltà nel sonno.

Esistono alcuni fattori protettivi che possono diminuire la probabilità del presentarsi di queste problematiche, così come fattori di rischio, che possono essere un campanello di allarme precoce e favorirne l’insorgenza.

Alcuni dei principali fattori protettivi sono: la partecipazione a programmi di supporto e cura sia in gravidanza che dopo la nascita del bambino, un buon livello socio-economico, e un buon supporto (da partner, famiglia, società).

Al contrario, i principali fattori di rischio riguardano: la presenza di depressione o ansia durante la gravidanza e/o di psicopatologie pregresse e di familiarità verso i disturbi dell’umore, alcune caratteristiche socio-demografiche (come la giovane età, il basso livello socio-economico, lo scarso reddito familiare, il basso livello di istruzione). Inoltre, anche fattori ostetrico-ginecologici (come una gravidanza non cercata, le complicanze ostetriche, le ospedalizzazioni durante la gravidanza) possono essere fattori di rischio. Infine, anche eventi avversi o stressanti (come ad esempio un lutto, un cambio di lavoro, un trasferimento) possono diventare fattori di rischio.

Ecco allora che appare fondamentale conoscere questi aspetti, sia per focalizzarsi sulle proprie risorse protettive, sia per normalizzare anche il possibile lato  faticoso e doloroso della gravidanza. Ma anche, e soprattutto, per ricordare che non si è soli, non si è l’unica al mondo. Per sapere che non c’è nulla di male a non avere la gravidanza delle favole che tutti raccontano.


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